mercoledì 23 maggio 2007

Il Cavaliere Inesistente / Italo Calvino

Premessa: all’alba, Rambaldo il ragazzo da poco giunto nell’accampamento dei paladini di Carlo Magno, cerca Agilulfo, Cavaliere Inesistente e suo mentore.

Rambaldo lo scorse sotto un pino, seduto per terra, che disponeva le piccole pigne cadute al suolo secondo un disegno regolare, un triangolo isoscele. A quell’ora dell’alba Agilulfo aveva sempre bisogno d’applicarsi a un esercizio d’esattezza: contare oggetti, ordinarli in figure geometriche, risolvere problemi di aritmetica.

E` l’ora in cui le cose perdono la consistenza d’ombra che le ha accompagnate nella notte e riacquistano a poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto, appena sfiorate e quasi alonate dalla luce: l’ora in cui meno si è sicuri dell’esistenza del mondo.

Agilulfo, lui, aveva sempre bisogno di sentirsi di fronte alle cose come un muro massiccio al quale contrapporre la tensione della sua volontà, e solo così riusciva a mantenere una sicura coscienza di sé.

[…]

L’applicarsi a queste esatte occupazioni (contare e ordinare oggetti) gli permetteva di vincere il malessere, d’assorbire la scontentezza, l’inquietudine e il marasma, e di riprendere la lucidità e la compostezza abituali.

[…]

Rambaldo comprendeva che tutto andava avanti a convenzioni, a formule, e sotto a questo, cosa c’era sotto? [...] Ma poi, anche il suo voler compiere vendetta della morte del padre, anche questo suo ardore di combattere, d’arruolarsi tra i guerrieri di Carlo Magno, non era pur esso un rituale per non sprofondare nel nulla, come quel levare e metter pigne del cavaliere Agilulfo?

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