mercoledì 23 maggio 2007

Fahrenheit 451

Pag.3

Era una gioia appiccare il fuoco.

Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. [...] Voleva soprattutto, come nell'antico scherzo, spingere un'altea su un bastone dentro la fornace, mentre i libri, sbattacchiando le ali di piccione, morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero di incendio. Montag ebbe un sorriso crudele di tutti gli uomini bruciacchiati e respinti dalla fiamma.


Pag.4

Sapeva che quando fosse ritornato alla sede degli incendiari avrebbe potuto ammiccare a se stesso, specie di giullare negro, sporco carbon fossile, davanti allo specchio. Poi all'atto di coricarsi, si sarebbe sentito quel sorriso, una sorta di smorfia, ancora artigliato nei muscoli facciali, al buio. Non scompariva mai quel sogghigno, non se ne era andato mai nemmeno una volta per quanto riandasse con la memoria al passato. [...]


Pag.6

Montag disse: “Naturalmente, siete la nostra nuova vicina, non è vero?”

“E voi dovreste essere..” straccò lo sguardo dai simboli della sua professione, “dovreste essere l'uomo degli incendi, il pirofilo”.La voce si spense mentre parlava.[...] “Dunque” cominciò la ragazza “ho diciassette anni e sono pazza. Mio zio diche che questa sono due cose che vanno sempre insieme. Quando qualcuno ti chede quanti anni, mi ha detto, tu dì sempre diciassette e che sei pazza[...].” [...]


Pag.11

Siete felice?”domandò.

Che cosa? Sono che?” gridò lui di rimando.

Ma la ragazza se ne era già andata [...]

“mi ha domandato se sono felice! Che razza di assurdità!”

Luomo smise di ridere.[...]

“Certo che sono felice. Che cosa crede? Che non lo sia?” domandò alle pareti silenziosamente intorno. Si fermò col naso in aria a guardare la grata di areazione dell'anticamera e ad untratto si ricordò di qualcosa che ra stato nascosto dietro la grata e che ora semrava spiarlo di là. Rapidamente distolse lo sguardo.[...]


Pag.13

Montag sentì che il suo sorriso si dissolveva, si scioglieva e si ripiegava su se stesso come vernice di sego, come la sostanza di una fantastica candela che avesse bruciato troppo a lungo e ora, spiaccicandosi, si fosse spenta con un soffio. Tonebre. No, non era felice. Non era felice si ripetè le parole mentalmente. Riconobbe che questa era veramente la situazione. Egli portava la sua felicità come una maschera e quella ragazza se n'era andata per il prato con la mascera e non c'era modo di andare a battere alla sua porta per riaverla.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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